martedì 10 giugno 2008

Ecco il resoconto dell'articolo su Nature del 2004 relativo alla corsa di resistenza. In sostanza l'uomo si e' evoluto anche tenendo in considerazione la necessita' di correre per lunghe distanze!!! Maratoneti preistorici!!!! ;-)


La corsa di resistenza e l’evoluzione dell’Homo 

 

Sebbene l’andatura bipede includa sia li camminare che il correre, in generale si considera che la corsa non abbia rivestito un ruolo importante nell’evoluzione umana in quanto gli uomini, come le scimmie, sono sprinter scarsi in confronto alla maggior parte dei quadrupedi. 

In questo lavoro gli autori dimostrano, al contrario, quanto bene gli uomini si comportino nella corsa di resistenza, e analizzano le basi fisiologiche ed anatomiche delle capacità dell’uomo e di altri mammiferi nella corsa di 

resistenza. 

 

La maggior parte delle ricerche sull’evoluzione della locomozione umana si è concentrata sul camminare. Evidenze fossili mostrano che gli australopitechi camminavano abitualmente almeno 4.4 milioni di anni fa. Molti ricercatori hanno interpretato l’evoluzione dell’attuale forma del corpo umano, comparsa per prima nell’Homo Erectus, come una conseguenza di migliorate capacità di cammino in spazi aperti a scapito di una riduzione delle capacità di 

locomozione sugli alberi. Solo pochi si sono interessati anche alla corsa in quanto l’uomo è di fatto un corridore mediocre sotto diversi punti di vista. Gli sprinter d’elite sono in grado di mantenere velocità di soli 10.2 m/s per meno di 15 sec, mentre alcuni corridori “specialisti” nel regno dei mammiferi possono mantenere andature di galoppo (15-20 m/s) per diversi minuti. Inoltre la corsa è più sfavorevole per gli uomini rispetto alla gran parte dei mammiferi 

richiedendo circa il doppio dell’energia metabolica per distanza percorsa di un mammifero di pari peso. 

Nondimeno, gli uomini sono buoni corridori di resistenza (molti km per molto tempo), caratteristica unica tra i primati e non comune anche tra i mammiferi quadrupedi che non siano carnivori sociali (cani, iene) e migratori ungulati 

(cavalli, gnu). 

 

Quanto bene gli uomini corrono le lunghe distanze? 

Durante il cammino gli uomini sfruttano un movimento a pendolo invertito dove il centro di massa oscilla in modo da scambiare energia cinetica e potenziale in controfase ad ogni passo (Fig. 1a, b). Il costo metabolico del movimento (COT) è rappresentato da una curva ad U dove la velocità ottimale, 1.3 m/s, è relazionata alla lunghezza della gamba. La maggior parte degli uomini cambiano il passo in corsa a circa 2.3-2.5 m/s, che corrisponde all’intersezione delle curve COT per il cammino e la corsa (Fig. 2b). A queste velocità la corsa diventa meno dispendiosa del cammino sfruttando un meccanismo massa-molla che scambia energia cinetica e potenziale in maniera molto diversa (Fig. 1b). I legamenti ed i tendini, ricchi di collagene, immagazzinano energia elastica durante la prima parte (frenante) della fase di supporto e la rilasciano tramite “rinculo” durante la successiva fase propulsiva. Per sfruttano meglio questo meccanismo le gambe si flettono maggiormente nella corsa che nel cammino. 

 

 

 

 

Le velocità di corsa di resistenza umana variano da circa 2.3 a quasi 6.5 m/s, negli atleti d’elite. Le velocità media di podisti amatoriali variano da 3.2 a 4.2 m/s. Nessun altro primate rispetto all’uomo è in grado di correre corse di 

resistenza. 

 

Le velocità di corsa di resistenza umana sono sorprendentemente comparabili a quelle di mammiferi specializzati nella corsa come cani e cavalli. Rispetto ai quadrupedi, la corsa umana e il trotto quadrupede sono le 

andature biomeccanicamente più simili. Quadrupedi al galoppo tipo cani o cavalli, di solito, riescono a sopravanzare gli uomini in termini di massime velocità sostenibili (un quadrupede di 65 kg può galoppare a 7.7 m/s per 10- 15 minuti, un cavallo può fare fino a 10 km a 8.9 m/s). Nondimeno, uomini ben allenati possono sopravanzare quadrupedi di pari peso su lunghe distanze, che costringono l’animale a scendere a velocità di galoppo ottimali (canter – galoppo leggero). Anche la distanza percorribile da un uomo è sorprendentemente grande. Corse di 10 km o finanche le maratone sono quasi impossibili per gli altri primati, mentre sono comparabili alle distanze osservate per mammiferi specializzati in ambienti aperti. 

 

La categoria che vede gli uomini svantaggiati rispetto a molti quadrupedi è il costo energetico della corsa (COT), ed in particolare se riferito al peso corporeo. Nondimeno vi è un’interessante caratteristica della corsa di resistenza umana, e cioè il range di velocità “economiche” (dal punto di vista energetico) accessibili all’uomo. Mentre per un cavallo le curve COT sono a forma di U con stretti intervalli di velocità preferite sia per il trotto che per il galoppo (Fig. 2b), per un uomo la corrispondente curva COT è piatta. Come conseguenza, gli uomini sono capaci di regolare la loro velocità in maniera continua senza cambi di andatura o penalizzazioni metaboliche su un ampio range. 

 

Le basi strutturali e le evidenze fossili della corsa di resistenza 

Cosa rende la corsa di resistenza possibile? Quattro sono le richieste: costo energetico, forza, stabilizzazione e 

termoregolazione. 

 

Costo energetico 

Quali sono le caratteristiche specificatamente rilevanti per il costo energetico della corsa? Come visto, il meccanismo molla-massa tipico della corsa differisce dal meccanismo a pendolo tipico del cammino. A differenza della scimmie, l’uomo è dotato di gambe con molti tendini simili a molle connessi a muscoli corti che possono generare forza in modo economico. Queste molle permettono un risparmio fino al 50% del costo metabolico della corsa, e la più importante è il tendine di Achille. Altri tendini allungati presenti nelle gambe sono il tratto ileotibiale e il (muscolo) peroneo lungo. Un altro set di molle importanti per la corsa umana è l’arco longitudinale del piede. Durante la corsa, tali strutture dell’arco funzionano come molle in grado di restituire circa il 17% dell’energia generata durante ogni fase di rullata. Un altro fattore da considerare è la lunghezza della falcata. Gli uomini, infatti, aumentano la velocità durante la corsa di resistenza principalmente aumentando la falcata piuttosto che la frequenza degli appoggi. Falcate oltre i 2 m, o addirittura 3.5 m in corridori di elite, sono possibili e risultano quasi un metro più lunghe di quelle previste per quadrupedi di peso comparabile (65 kg) o di quelle misurate per scimpanzè alla stessa velocità. Tali lunghezze (assolute oltre che relative) sono possibili in virtù di molle lunghe (vedi sopra) e gambe relativamente lunghe. Quest’ultime comparvero per la prima volta negli ominidi di 1.8 millioni di anni fa (Homo erectus). 

Tuttavia, la presenza di lunghe gambe oscillanti aumenta il costo energetico in corsa (ma molto meno in cammino) proporzionalmente al momento di inerzia dell’arto. Di conseguenza avere gambe compatte e piedi relativamente corti (caso dell’uomo attuale, a differenza dell’australopiteco) risulta favorevole.  

 

Forza 

Le forze di reazione di picco alla battuta del tacco sono circa doppie in corsa rispetto al cammino e possono raggiungere le 3-4 volte ad andature sostenute di corsa di resistenza. Di conseguenza è necessario dissipare le forze 

d’impatto all’interno delle ossa e delle articolazioni. Una strategia per diminuire lo stress a livello delle articolazioni è quella di espandere le superfici dell’articolazione stessa, distribuendo le forze su aree maggiori. L’uomo attuale ha superfici articolari estese, relativamente al peso corporeo, nella maggior parte delle articolazioni della parte bassa del corpo (testa del femore, ginocchio, giunto sacro-iliaco…). Questa caratteristica, non presente nella parte alta del corpo, influisce in maniera determinante alla dissipazione dei carichi d’impatto durante la corsa. 

 

Stabilizzazione 

Durante la corsa il tronco ed il collo umani sono più inclinati in avanti rispetto al caso del cammino. L’uomo attuale ha una serie di caratteristiche volte alla stabilizzazione del tronco quali aree estese sull’osso sacro e sulla parte posteriore dell’osso iliaco, e un muscolo gluteo massimo molto esteso. Quest’ultimo è fortemente utilizzato e richiesto durante la corsa a tutte le velocità mentre non lo è per il cammino su superfici piane. La sua dimensione è una delle caratteristiche umane più distintive rispetto ad altri primati. Camminando, una gamba è sempre a contatto con il terreno permettendo ai muscoli della postura di contrastare la rotazione del tronco (rispetto all’asse verticale) indotta dall’accelerazione in avanti della gamba. Al contrario, durante la fase aerea della corsa, la torsione indotta dalla gamba (ancora più grande che nel caso del cammino) non può essere contrastata da forze legate al terreno. Entrano quindi in gioco la contro-rotazione del torace e delle braccia (ma non della testa). Gli uomini, infatti, sono dotati di una capacità di rotazione del tronco rispetto ai fianchi maggiore rispetto alle scimmie. Inoltre, le spalle larghe, tipiche dell’Homo erectus, possono contro-bilanciare i momenti indotti dalle braccia oscillanti. Relativamente alla stabilizzazione della testa, spinta in avanti ad ogni impatto col terreno, si può notare come gli uomini abbiano delle dimensioni facciali ridotte rispetto all’Australopiteco che aiutano la riduzione dell’accelerazione inerziale. 

 

Termoregolazione e respiro 

Gli uomini possiedono molte caratteristiche relative alla dissipazione di calore: moltiplicazione di ghiandole sudorifere, pelo corporeo ridotto, corpo sottile e longilineo, elaborata circolazione venosa del cranio. Anche la tendenza alla respirazione con la bocca, non comune nelle scimmie, aiuta a migliorare la ventilazione rispetto alla sola respirazione nasale (in cui l’aria incontra troppa resistenza a causa delle ridotte dimensioni dell’apparato naso-faringeo). 

 

Conclusioni 

La corsa di resistenza su lunghe distanze non è stata, finora, considerata come importante durante l’evoluzione umana ma solo con un prodotto secondario della capacità di camminare. Tuttavia, il solo camminare non spiega la presenza di numerose caratteristiche essenziali per la corsa (Tabella 1). 

 

 

 

In particolare si possono ricordare: 

- sistema di “molle” nella gamba e nel piede (immagazzinare e rilasciare energia) 

- gluteo massimo e muscoli spinali ipertrofici per la stabilizzazione del tronco 

- vita stretta e spalle larghe (stabilizzazione necessaria solo nella corsa) 

- sistemi di termoregolazione 

- ridotte dimensioni delle braccia 

 

Ma perché correre quando il cammino era già facile, sicuro e più economico? 

Una possibilità è che la corsa aiutò gli ominidi a procurarsi cibi ricchi di proteine quali carne, midollo e cervello (comportamento simile a quello delle iene e di altri animali che si nutrono di carcasse). In particolare può aver aiutato a competere con altri cacciatori di carcasse (inclusi altri ominidi). 

La corsa, infine, può avere facilitato i cacciatori ad avvicinarsi alle prede o addirittura a far correre fino allo sfinimento alcuni mammiferi in ambienti caldi. 

 

2 commenti:

Daniele ha detto...

Lettura insolita per me, ma interessante... mi sono fatto una cultura sull'argomento.. :-)

GIAN CARLO ha detto...

E' interessante, forse la spiegazione del fatto che ho corso un Passatore, non sta in una forma di pazzia(come temvo) ma nell'allenamento necessario per andare in piena notte dal letto al frigorifero(10 metri) per procurarmi del cibo.